Il tempio di Abu Simbel è il più grande dei sette templi che Ramesse II fece costruire in Nubia. Fu scavato interamente nella roccia e richiese circa 30 anni per il suo completamento. In linea con le sue manie di grandezza, Ramesse II fece rappresentare se stesso all’interno del sancta sanctorum. Insieme al faraone troviamo le tre divinità principali del Nuovo Regno: Ra, il dio solare di Eliopoli, Ptah, il dio artigiano di Menfi, e Amon, il dio di Tebe. Tanto per restare sobri, il tempio fu chiamato “Il tempio di Ramesse, amato da Amon”. La sua posizione è rimasta sconosciuta fino al 1813, quando l’esploratore svizzero Johann Ludwig Burckhardt lo individuò, anche se completamente ricoperto di sabbia. Fu l’Indiana Jones italiano, Giovanni Battista Belzoni, che lo riportò alla luce nel 1817.
La Struttura del Tempio
La facciata del tempio è decorata da quattro statue colossali di Ramesse II; alte 21 metri, sono tra le più alte mai realizzate nell’intera storia egizia. Ai piedi delle statue sono rappresentati i nemici storici dell’Egitto, riassunti in due figure: un nubiano e un asiatico. Ai lati dei colossi sono visibili alcuni membri della famiglia reale, fra cui la Grande Sposa Reale Nefertary e la Madre del Dio (la madre di Ramesse II) Tuya.
L’ingresso del tempio è sovrastato da un’immagine di Ra, a sottolineare il forte legame del faraone con il culto solare. Il cortile esterno contiene due vasche per le abluzioni dei sacerdoti. I lati nord e sud sono delimitati da due piccole cappelle: quella a nord dedicata al culto solare, quella a sud al dio Thoth.
Una volta varcato l’ingresso, ci si trova nella prima stanza del tempio. L’aspetto è quello di un lungo corridoio fiancheggiato da otto colonne alte 11 metri, quattro per lato, che rappresentano Ramesse II come Osiride. Le pareti sono decorate con scene che rappresentano il faraone in guerra; su tutte spicca la famosa battaglia di Qadesh.
Superata la prima stanza, si viene accolti in un piccolo ambiente con quattro colonne che da accesso al santuario più interno. Sul fondo della parete sono rappresentate quattro divinità sedute in trono, da sinistra: Ptah, Amon, Ramesse II e Ra.
Il Miracolo del Sole
Il tempio fu costruito con la facciata rivolta a est, in modo tale che all’alba i raggi del sole illuminassero il tempio. Per due volte all’anno, il 22 febbraio e il 22 ottobre, si verifica il cosiddetto “Miracolo del Sole”. Ma di cosa si tratta?
I raggi del sole illuminano la facciata del tempio dall’alto verso il basso. Il primo elemento decorativo che incontrano è una serie di babbuini accovacciati. Questi animali sono spesso associati al sorgere del sole, forse per i versi che emettono all’alba.
La luce del sole inizia quindi la discesa verso il basso, illuminando i colossi di Ramesse II. Prima di tuffarsi all’interno del tempio, il sole irraggia la statua di Ra posizionata sulla porta d’ingresso. La statua dell’antico dio di Eliopoli è un vero e proprio rebus: la mano destra poggia sul geroglifico “user”, mentre quella sinistra su un’immagine di Maat. Combinando questa parole con il nome del dio si ottiene il praenomen di Ramesse II: User-Maat-Ra.
Il momento è giunto, la luce del sole entra nel tempio e percorre circa 60 metri prima di raggiungere il sancta sanctorum. Qui, il fascio di luce si concentra prima sul volto di Ramesse II, e da qui si allarga fino a illuminare i volti di Amon e Ra. Solo Ptah resta parzialmente in ombra, forse per il suo legame con il mondo ultraterreno.
Il fenomeno, che oggi è visibile il 22 febbraio e il 22 ottobre, in origine si ripeteva in un giorno compreso fra il 19 e 21 di febbraio e di ottobre. Purtroppo, lo spostamento del tempio, avvenuto tra il 1964-1968, non consentì di replicare il fenomeno nei giorni stabiliti dagli antichi egizi. La posizione attuale infatti è di circa 210 metri più indietro e 65 metri più in alto rispetto a quella originale.
Tuttavia, dopo circa 3200 anni Ramesse II continua a celebrare la sua divinizzazione e la sua rinascita eterna attraverso i raggi del sole, manifestazione terrena del grande dio Ra.
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